Al lavoro fa troppo caldo? Allora scioperiamo
Negli Stati Uniti cresce il numero di lavoratori della ristorazione che si rivolge ai sindacati per affrontare il caldo estremo
SOLAR è la newsletter per chi vuole capire cosa conta davvero per affrontare la crisi climatica. Io sono Anna Violato, giornalista ambientale di RADAR, e ogni due settimane vi parlo di un modo in cui possiamo già ridurre le nostre emissioni di gas serra.
Questa settimana SOLAR ospita un articolo di Grist: il riscaldamento globale sta rendendo difficili le condizioni di lavoro di molti, a partire da chi lavora nel settore alimentare. Per trovare una soluzione, gruppi di lavoratori negli Stati Uniti si rivolgono ai sindacati per ottenere condizioni di lavoro che tengano in considerazione il nuovo clima globale.
Prima però, una comunicazione di servizio: con l’arrivo del grande caldo anche SOLAR stacca e va in vacanza. Ci risentiamo a settembre!
Le ondate di calore rendono le cucine dei ristoranti poco sicure. E i lavoratori si ribellano
Mentre il cambiamento climatico rende le estati più calde, chi lavora nei ristoranti chiede più tutele attraverso scioperi e mobilitazioni sindacali
di Frida Garza
Il mese scorso, per Oscar Hernández dormire è stato impossibile. A maggio, Hernández faceva il cuoco nel ristorante di un casinò di Las Vegas: ma anche dopo la fine del suo turno di lavoro in cucina, una volta a casa, il suo corpo sembrava non volersi più raffreddare.
L’aria condizionata al lavoro era rotta da circa quattro mesi. Hernández faceva turni di otto ore durante il servizio brunch del ristorante, preparando uova, waffle e pollo fritto. Passava ore davanti a una griglia rovente. Il più delle volte, la sua postazione era in un angolo e gli sembrava che il calore che arrivava da tutte le altre postazioni della cucina - i fornelli a gas, le quattro friggitrici, la piastra per i waffle - convergesse proprio lì dove si trovava lui. Anche se a maggio l’estate non era ancora ufficialmente iniziata, a Las Vegas le temperature erano superiori alla norma, superando a volte i 35 gradi. I ventilatori messi dai proprietari in cucina non erano abbastanza per raffreddare la stanza.
Il caldo estremo non è una novità per Hernández, che vive in Nevada: uno stato nel sudovest degli Stati Uniti, dal clima desertico e semiarido. Hernández lavora nel settore della ristorazione da 22 anni: ma la situazione in questo ristorante non sindacalizzato (il che è una rarità nella strip di Las Vegas), stava diventando insostenibile. A volte faceva così caldo in cucina che Hernández preferiva uscire, dove faceva altrettanto caldo ma almeno c’era brezza. Aveva un mal di testa che non passava mai; a casa a volte si irritava con i figli per piccole cose.
“Il calore nella cucina di un ristorante è particolare: è come se ti entrasse nel corpo”, racconta Hernández. Sapeva che i medici raccomandano di riposare molto per ristabilirsi se si viene esposti a calore estremo, ma ora non riusciva a fare nemmeno quello. Così si è licenziato.
“Nella mia famiglia sono l’unico a lavorare”, spiega. “Ho deciso che era meglio cercare un altro lavoro, uno che mi permettesse di lavorare in una situazione più confortevole e che mi permettesse di dormire la notte”. Finora ha trovato lavoro in un altro ristorante.
Le storie di persone che lavorano in condizioni di stress da caldo sono comuni nel settore dei ristoranti e dei servizi di ristorazione, dove gli addetti alle cucine rimangono in piedi per ore, cucinando e preparando accanto a fornelli, forni, friggitrici e altre fonti di calore. Ma sempre più spesso questi lavoratori devono fare i conti con un’ulteriore fonte di esposizione al calore: le temperature estive da record e le ondate di calore che si verificano fuori dalle cucine. Questa confluenza sta spingendo gruppi di lavoratori statunitensi a sindacalizzarsi e a lottare per ottenere maggiori garanzie sul posto di lavoro. I dipendenti di Homegrown, una catena di paninoteche di Seattle, hanno recentemente ottenuto tutele storiche contro il caldo estremo nel loro primo contratto sindacale. I sindacati si aspettano che nei prossimi anni crescerà il numero di lavoratori del settore alimentare che cercherà di far entrare il tema del caldo nelle tutele previste dai contratti.
Di tutti i problemi legati alla crisi climatica che i lavoratori si trovano ad affrontare, “il caldo, direi, è uno dei più comuni in questo momento”, afferma Yana Kalmyka, una volontaria dell’Emergency Workplace Organizing Committee, un’organizzazione dal basso nata dopo la pandemia per sostenere la mobilitazione dei lavoratori statunitensi.
Gli scienziati ormai concordano sul fatto che tutte le ondate di calore sono rese più frequenti o più intense dal cambiamento climatico. Questo consenso deriva da un ambito di ricerca relativamente nuovo, ma di crescente importanza: la cosiddetta attribution science (scienza dell’attribuzione), che determina quanto siano più probabili gli eventi meteorologici estremi a causa del riscaldamento globale. Un rapporto pubblicato a fine maggio ha rilevato che nell’ultimo anno il cambiamento climatico antropogenico ha portato a una media globale di 26 giorni in più di caldo estremo.
Chi lavora nel settore alimentare è in prima linea di fronte all’innalzamento delle temperature globali. I lavoratori agricoli, per esempio, si trovano per forza di cose esposti alle intemperie; ma negli Stati Uniti non sono protetti da norme federali sull’esposizione al calore e sulla sicurezza. Anche i rider e chi fa consegne si deve spostare in condizioni di caldo estremo (e di altri eventi atmosferici estremi) per guadagnarsi da vivere, e spesso non dispone di luoghi adeguati dove riposare durante la giornata.
Allo stesso modo, i cuochi e i camerieri dei ristoranti sono spesso soggetti a temperature elevate nei luoghi di lavoro, e le torride temperature esterne possono aggravare questo stress. Per la natura del lavoro nei ristoranti - dove il servizio rapido è fondamentale e le cucine restano sempre aperte, anche durante le pandemie - i lavoratori sono tenuti a presentarsi anche in condizioni di caldo record.
Jason Flynn, un cuoco di Chicago che lavora nei ristoranti da molti anni, racconta che l’ambiente frenetico delle cucine, dove spesso gli infortuni sul lavoro vengono considerati la norma, porta molti lavoratori a pensare che lavorare esposti alle temperature estreme sia la loro unica opzione. Il risultato è che “le persone svengono, hanno ictus o altri tipi di problemi a lungo termine legati al calore, come disturbi della pressione e problemi cardiaci”, racconta Flynn.
Le donne e le persone di colore sono rappresentate in modo sproporzionato in alcune posizioni nella ristorazione. Per esempio, secondo un rapporto dell’Economic Policy Institute, negli Stati Uniti gli ispanici hanno maggiori probabilità di essere assunti come lavapiatti o cuochi. Molti di loro sono immigrati o senza documenti, e temono ritorsioni o di essere licenziati se parlano delle condizioni di lavoro. Sono “gruppi che hanno già sperimentato un impatto maggiore dell’ingiustizia climatica nella loro comunità”, spiega Yana Kalmyka dell’Emergency Workplace Organizing Committee. “La loro crescente esposizione al caldo estremo sui luoghi di lavoro è ancora un’altra faccia dell’iniquità degli impatti della crisi climatica”.
Non è solo nelle cucine che si sentono le conseguenze del caldo record. Le finestre alte dei ristoranti e dei caffè possono far entrare molto calore nelle giornate di sole, come nel caso di molte sedi di Homegrown, la catena di paninoteche con sede a Seattle che di recente ha ottenuto tutele contro il caldo dopo la sindacalizzazione.
Secondo i lavoratori, alcune sedi di Homegrown si trovano in edifici vecchi che non dispongono di condizionatori adeguati. La maggior parte di esse è predisposta per il servizio al banco, il che significa che i lavoratori prendono le ordinazioni nella stessa area in cui tostano e preparano i panini. “Siamo in questo grande e vecchio edificio di mattoni”, racconta Zane Smith, rappresentante sindacale di Homegrown. “L’aria condizionata non funziona bene e abbiamo un forno. Il risultato è che sembra di stare in un grande forno di mattoni”.
Smith spiega che il calore è stato uno dei problemi principali su cui si sono concentrati i lavoratori, quando hanno iniziato a parlare di formare un sindacato. Nonostante lavorino al chiuso, i dipendenti di Homegrown hanno sentito chiaramente l’impatto del caldo record a Seattle. La città, che si trova nel nord degli Stati Uniti e in cui storicamente l’aria condizionata è poco diffusa, ha affrontato un caldo record nel 2021, con temperature fino a 42 gradi che hanno fatto finire molti in ospedale con disturbi legati al caldo. Secondo scienziati esperti di attribution science, questa ondata di calore record è stata resa almeno 150 volte più probabile dal cambiamento climatico antropogenico.
“Dentro fa sempre più caldo che fuori”, racconta Smith. “Quando fuori ci sono 25 gradi, in negozio ce ne sono 30; e se fuori ce ne sono 30, in negozio ce ne sono 35".
In quella che probabilmente è una novità nel settore, a marzo i lavoratori di Homegrown hanno ottenuto una clausola nel loro contratto sindacale che potrebbe risolvere il problema. Il gruppo si è battuto per ottenere una retribuzione maggiorata quando le temperature nel negozio raggiungono i 27 gradi e una retribuzione doppia quando le temperature del negozio raggiungono i 30 gradi. (Secondo l’Occupational Safety and Health Administration degli Stati Uniti, quando un luogo di lavoro raggiunge i 25 gradi, diventa potenzialmente non sicuro per i lavoratori impegnarsi in lavori pesanti).
Emily Minkus, che lavora per Homegrown da quasi sei anni, spiega che, durante le sessioni di contrattazione con la direzione, i suoi colleghi hanno raccontato molti casi di stress da caldo e disturbi legati alle alte temperature. “Ci sono persone che sono svenute. Ci sono persone che hanno avuto attacchi d’asma”, spiega Emily Minkus. “In alcune sedi, le persone facevano pause dentro alle celle frigorifere”. Per Minkus, queste testimonianze hanno convinto la direzione che i lavoratori chiedevano una indennità di caldo non perché “fosse una scelta ideologica. Ma perché ne abbiamo bisogno”.
I lavoratori di Homegrown si sono iscritti al sindacato Unite Here Local 8, che rappresenta circa 4000 lavoratori del settore hospitality negli stati dell’Oregon e di Washington. Anita Seth, presidente di Unite Here Local 8, spiega che l’obiettivo di istituire una “indennità di caldo” è quello di “incentivare realmente il datore di lavoro ad aggiornare e migliorare i propri sistemi di mitigazione del calore”. Questo può voler dire riparare e fare manutenzione dell'aria condizionata, ma anche installare coperture ombreggianti per le finestre. Sembra che stia funzionando: Emily Minkus ha riferito che quando l’aria condizionata si è rotta nel suo negozio questa primavera, lei e i suoi colleghi hanno ricevuto l’indennità di caldo per tre giorni di fila. La settimana successiva è arrivato un tecnico per riparare l’impianto.
La direzione di Homegrown non ha risposto alla nostra richiesta di intervista.
Quello di Homegrown non è l’unico caso in cui il caldo e i sistemi di raffreddamento difettosi sono diventati un problema. La scorsa estate, i lavoratori di uno Starbucks di Houston, in Texas, hanno scioperato per il caldo estremo nel loro negozio.
“L'estate scorsa non avevamo un condizionatore funzionante e siamo stati costretti a lavorare a temperature tra i 28 e i 30 gradi”, ha dichiarato in un comunicato Madelyne Austin, una barista di Starbucks nel sindacato Starbucks Workers United. “I nostri responsabili sapevano che il condizionatore non funzionava correttamente da mesi, ma si sono rifiutati di ascoltarci quando li abbiamo pregati di ripararlo”. Il sindacato dei lavoratori di Starbucks sta attualmente negoziando con la catena di caffè per un nuovo approccio che contribuirà a definire i contratti negozio per negozio. Madelyne Austin spiega che i lavoratori stanno lottando per ottenere “standard di sicurezza universali” per mitigare il caldo estremo.
In risposta a una richiesta di commento, Starbucks ha dichiarato che l’azienda si impegna a garantire la sicurezza dei lavoratori e dei clienti e a fare verifiche di routine delle condizioni nei negozi. “Laddove i problemi nei negozi mettono a rischio il benessere dei nostri partner”, ha dichiarato l’azienda in un comunicato, “lavoriamo con grande attenzione e urgenza per prendere provvedimenti”. (Starbucks si riferisce a tutti i dipendenti come partner).
La storia di Starbucks dimostra come a volte il modo più rapido con cui i lavoratori dei ristoranti possono garantire la propria sicurezza durante l’emergenza climatica sia quello di chiudere. Starbucks Workers United ha confermato che dopo lo sciopero dei dipendenti del negozio di Houston, l’aria condizionata è stata riparata.
Anche i lavoratori di Homegrown sono d’accordo. Oltre all’indennità di caldo, hanno ottenuto una clausola nel loro contratto che consente loro di finire prima il loro turno se nel loro negozio c’è un caldo estremo, senza incorrere in azioni disciplinari. Emily Minkus e Zane Smith affermano che i lavoratori hanno già sfruttato questa clausola: i membri dello staff sono pronti a chiudere per tutto il giorno se il caldo dovesse diventare eccessivo.
Minkus ha definito “tremendo” lavorare con 31 gradi accanto a un forno che ne fa più di 300. “Per questo molti lavoratori staccano prima. È capitato che una sede dovesse anticipare la chiusura perché tutti avevano molto, molto caldo”.
Smith racconta che, quando i lavoratori di Homegrown si sono avvicinati per la prima volta al tavolo delle trattative, stavano lottando per ottenere un migliore impianto di aria condizionata. “È ancora quello che vogliamo”, aggiunge. “L’indennità di caldo è ottima, ma vorremmo che il nostro luogo di lavoro avesse una temperatura ragionevole e sicura tutto l’anno”. Fino ad allora, i lavoratori di Homegrown sanno che saranno pagati in più per lavorare con il caldo. Smith racconta che da quando il contratto è entrato in vigore a marzo, il suo negozio ha ricevuto 10-15 giorni di indennità.
Il caldo estremo avrà un impatto sempre maggiore sui lavoratori di tutti i settori, in particolare su quelli che lavorano all’aperto. Secondo Anita Seth, presidente del sindacato Unite Here Local 8, questo tema è emerso in altre trattative contrattuali nel settore della ristorazione. E per Yana Kalmyka dell’Emergency Workplace Organizing Committee, il legame tra il cambiamento climatico e l’azione sindacale è ancora più urgente perché "in tutto il settore dei servizi e altrove, i datori di lavoro cercano continuamente di spremere i loro lavoratori per produrre di più con meno”, nota. E aggiunge che “di conseguenza, i lavoratori sono spesso costretti a lavorare di più e più velocemente in condizioni di scarsità di personale”, il che può esacerbare gli effetti dello stress da caldo.
Mentre il movimento sindacale continua a subire l’impatto della crisi climatica, persone come Kalmyka sperano di aiutare i lavoratori a stabilire connessioni tra la loro lotta e quella per il clima globale. Per lei, il legame tra lo sfruttamento dei lavoratori e il cambiamento climatico è chiaro. “Entrambi hanno la stessa causa principale: i profitti sono considerati più importanti delle persone e del pianeta”.
Hai mai sperimentato caldo estremo sul luogo di lavoro? Raccontaci cosa è successo nei commenti.
Questo articolo di Grist è stato pubblicato grazie al progetto di collaborazione giornalistica internazionale Covering Climate Now. Traduzione a cura della redazione di RADAR.
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